I settori frontali dei campi minati erano rinforzati da fasce di mine più rade, con una mina ogni due metri di superficie. Tali fasce creavano un campo di tiro ampio da 500 a 800 metri a vantaggio dei difensori che, per ostacolare il lavoro di sminamento dei genieri inglesi, presidiavano i giardini del diavolo con avamposti collocati all’interno degli stessi.

Con l’assestamento del fronte dopo la battaglia di Alam Halfa, molte delle mine posate in origine dagli inglesi a sud di Bab el Qattara divennero parte del dispositivo difensivo dell’Asse, dando così luogo ad un saliente minato che da Bab el Qattara si sviluppava verso est fino a Munassib, e da qui, con andamento nord-sud, arrivava ad El Himeimat con le due note fasce denominate “February” e “January”, in corrispondenza delle quali, nel corso della Battaglia Grande, si sarebbe imperniata l’eroica resistenza dei ragazzi della Folgore.

In questo settore operò il XXXI Battaglione di Paolo Caccia Dominioni.

Campi minati erano stati stesi anche lungo il margine settentrionale della depressione di Qattara, da Qaret el Himeimat a Naqb Abu Dweiss-Erqayib Abu Gabara, ma non in sistema e più che altro a protezione della poche strutture statiche costituite sul fianco meridionale dell’ACIT.

Infine, a tergo del settore “B” si dipanavano due fasce minate secondarie: la prima, a forma di “S” coricata, con andamento equatoriale, aveva funzione di copertura del fianco destro del settore settentrionale; la seconda, con andamento meridiano, dietro la Pista dell’Ariete, avrebbe dovuto contenere eventuali attacchi diretti al centro dello scacchiere.

Per come si svolse la Battaglia Grande, però, ambedue servirono solo ad ostacolare le stesse truppe dell’Asse ritardando, ad esempio, la risalita dei carri dell’Ariete quando ciò fu necessario per dare man forte al settore nord.

Sulla linea di resistenza britannica i primi estesi campi minati furono posati a cominciare dal 1941, praticamente in concomitanza con i lavori di approntamento della già citata linea dei box. Alla vigilia della Battaglia Grande, pertanto, i due schieramenti si ritrovarono affacciati su un imponente, lunghissimo letto di mine con interposto lembo di terra di nessuno, che conferiva al campo di battaglia il triste primato di area più densamente minata del secondo conflitto mondiale.

Per creare corridoi idonei all’attraversamento dei giardini del diavolo i britannici modificarono vecchi carri per fanteria Matilda, per l’occasione soprannominati Scorpion, munendoli anteriormente di un cilindro rotante proteso in avanti che agitava energicamente spezzoni di catena a guisa di flagelli; sferzando il terreno antistante, questi facevano esplodere le mine senza danneggiare il carro in movimento.

Gli Scorpion erano seguiti dagli Snail (lumache), camion cisterna che rilasciavano una scia di gasolio sul terreno bonificato (il gasolio formava una traccia iridescente simile alla bava di lumaca, da cui l’appellativo) segnalando il sentiero sminato alla fanteria che seguiva.

All’atto pratico, però, si riscontrò che il polverone sollevato dall’azione dei flagelli provocava malfunzionamento dei motori e disorientamento dei conduttori dei mezzi che finivano per fermarsi o col perdere la giusta direzione. Tanto che si rinunciò agli Scorpion (per altro ripetutamente colpiti dai contro-carro dell’Asse durante il loro impiego) per affidarsi allo sminamento manuale previa individuazione degli ordigni a mezzo dei nuovi, rudimentali mine detector basati sulla variazione del campo magnetico provocata dalla presenza di oggetti metallici interrati.

Per ingannare i cercamine si interravano rottami metallici in grado di creare falsi campi magnetici; al contrario, per ridurre la traccia magnetica si arrivò ad impiegare mine in vetro e mine in legno, rispettivamente di costruzione tedesca ed italiana, però molto instabili e delicate e quindi pericolose per gli stessi utilizzatori.

(Estratto da A. Bondesan e T. Vendrame (2015) – El Alamein. Rivisitazione del campo di battaglia tra mito e attualità, Cierre Edizioni, 516 p.)

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